Anche l’animale più docile, se in pericolo di vita, mostra i denti e si difende. Ce n’è voluta perché ci fosse un cambio di rotta nella politica sulla sicurezza del nostro Paese, ma alla fine è in procinto di arrivare un decreto governativo che sancisce una svolta in materia. Cambio di rotta che, nella mentalità della gente, aveva già da tempo preso il sopravvento: dimostrazione ne è stata la larghissima vittoria del centro-destra alle ultime elezioni, dopo una campagna elettorale contrassegnata da un forte impegno sui temi della sicurezza da parte del Popolo della Libertà e che sono sempre stati al centro dell’interesse per Azione Giovani. Infatti non c’è Paese in cui si possa dire di essere davvero liberi senza essere sicuri. E per libertà non intendiamo un astratto concetto metafisico, ma il ben più concreto concetto di poter circolare per le proprie città di notte, di poter usufruire dei mezzi pubblici (pagati con le nostre tasse) senza dover tenere le mani su tasche, borse e cartelle, la libertà di essere tranquilli quando i propri figli fanno mezz’ora di ritardo la sera, senza dover temere l’irreparabile. Libertà di essere sicuro nel proprio Stato, nel proprio Paese. Non ostaggi del terrore perché vicino casa nostra hanno messo le tende un gruppo di rom, o perché nella nostra città vagabondano reietti senza nulla da perdere. Certo, non siamo così ingenui da credere che siano solo gli immigrati clandestini a delinquere nel nostro Paese. La repressione del crimine deve essere rivolta verso tutti, Italiani e non. Ma è purtroppo un dato di fatto che negli ultimi anni, in concomitanza con l’aumento dell’immigrazione sregolata e irregolare, ci sia stato un aumento della sensazione di insicurezza della gente, sensazione che si fonda essenzialmente su due cardini: la sfiducia nelle istituzioni (dovuta a sua volta dalla non-certezza della pena per chi delinque e dalla non-presenza dello Stato sul territorio) e la massiccia ondata immigratoria di popoli che, per loro conformazione etnica e storica, non vogliono e non possono adeguarsi al nostro modo di vivere e di vedere il mondo. Inutile sottolineare che il primo pensiero va ai popoli di etnia rom (ma non solo), popolo nomade (o ex-nomade, dato che massicci insediamenti di rom sono presenti in Italia da decenni) che per sua scelta rifiuta il concetto occidentale della cultura del lavoro e del vivere civile, preferendo darsi all’accattonaggio o alla criminalità (scippi, rapine, ecc.) e che vive fondamentalmente in uno stato di totale mancanza di senso civico e anzi ne rifiuta il concetto stesso. L’assistenzialismo e il buonismo dei nostri governanti ha permesso sino ad ora (specialmente a Roma e provincia) il diffondersi a macchia di leopardo di baraccopoli illegali (ma anche “regolari”) che sono terra dello Stato ma al dì fuori del potere dello Stato, dove vivono migliaia di persone senza lavoro, senza domicilio, dei perfetti signor nessuno che escono dall’ombra per trovare il modo di vivere e che nell’ombra ritornano, anonimi. E non credete a chi dice che per i rom non si può fare niente in quanto, essendo in gran parte Rumeni, sono comunitari (non necessitano di visto all’ingresso in Italia quindi): i protocolli di Schengen hanno infatti regolato la questione, nel senso che anche i comunitari, dopo una permanenza di tre mesi in un Paese diverso dal proprio, devono dichiarare domicilio e disponibilità finanziarie e lavorative, pena l’espulsione immediata. Tutta Europa attua questo principio. Solo noi siamo rimasti a guardare. Ma ora non più.
Guardare freddi numeri statistici non aiuta a capire il problema: hanno un bel parlare i buonisti nostrani di calo del numero dei crimini, soprassedendo sul fatto che sono invece aumentati quelli compiuti da immigrati (specialmente clandestini), che sono cresciuti i crimini violenti, che molte persone non escono più di casa o non prendono più i mezzi proprio per evitare anche solo la possibilità di subire aggressioni. Uno stato di paura che non può, non deve durare.
Il decreto del Governo si propone di ristabilire il dominio della legge e la certezza della pena, nonché di considerare reato penale l’immigrazione clandestina: la norma, che ha scatenato le reazioni di ministri benpensanti come quelli spagnoli (ai quali farebbe bene un ripasso delle nozioni di indipendenza e sovranità interna degli Stati dell’Unione Europea), è stata pensata per evitare che il famoso “foglio di via” (cioè l’ingiunzione di lasciare il Paese per chi è stato riconosciuto come clandestino) rimanesse, com’è ora, lettera morta, e pertanto in questo quadro la detenzione non sarebbe altro che il primo passo verso il giusto rimpatrio dell’irregolare. La clandestinità, lungi dall’essere uno “stato di passaggio”, è in realtà un meccanismo illegale che si avvita su sé stesso: chi è in clandestinità è più facile che si indirizzi verso il crimine in quanto già si trova in una posizione al di fuori della legge. E’ quindi d’obbligo fermare chi già compie il primo passo verso crimini più gravi, e non aspettare che questo avvenga, come invece è prassi consolidata in Italia.
Chissà, forse smetteremo di essere considerati l’anello debole del sistema Europa, il “ventre molle” del Continente e la terra promessa di chi vuole vivere senza timore della legge.
Mauro Fantera
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