lunedì 21 luglio 2008

L'anello di congiunzione fra la destra e Tolkien

Tantissimo si è discusso riguardo l'appropriazione, indebita secondo i soliti prodotti della subcultura di sinistra, della destra italiana riguardo l'opera di Tolkien.

Ancora oggi, a distanza di 35 anni dalla morte dello scrittore, c'è chi tenta, (vedasi “L'Anello che non tiene”) di nascondere l'astio nei confronti del Professore e de “Il Signore degli Anelli” per una scellerata visione ideologica della letteratura e dell'arte.

Andiamo a fare una breve analisi di quella che in definitiva è un'ottima cartina tornasole del rapporto tra opere e critica “militante” italiana.

Dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi la Cultura è stata fortemente influenzata dalla politica. Tutto ciò che non poteva essere classificato “di sinistra” poteva, anzi doveva, essere osteggiato, se non addirittura bandito e calunniato. Seppur oggi il tutto si sia finalmente molto annacquato, l'omertà di direttori editoriali, case editrici e giornalisti ha preservato in genere chi si rese responsabile di ciò da una pubblica ammenda.

Tolkien, nonostante l'immediato successo internazionale (nei campus americani si usava scrivere “Frodo Lives”) fu uno dei bersagli preferiti della Sinistra non solo a causa del particolare clima politico da “anni di piombo” creato ad arte, ma anche per diverse altre sfumature.

Innanzitutto venne tradotto, nel 1970, da Rusconi, editore considerato esponente di punta della “cultura della reazione”, sempre osteggiato dall'intellighenzia sinistroide, e fu curato da personaggi invisi alla stessa, tra i quali  alcuni transfughi che si dilettarono in interventi che definire provocatori è un eufemismo.

Soprattutto, il Signore degli Anelli è un'opera che per gusto, iconografia e visione del mondo, rappresentava un ritorno al medioevo, all'epoca “buia ed irrazionale”, sostanzialmente, secondo i “progressisti”, alla “cultura di destra”.

Va però specificata una cosa importante: gli scritti di Tolkien furono DA SUBITO condannati dalla Sinistra con svariate recensioni su riviste e settimanali, tanto che, per quanto se ne discuta ancora oggi, non vi fu inizialmente nessuna appropriazione o strumentalizzazione della destra, ma semmai un rifiuto immediato e cronico della controparte.

Nonostante tale dispiegamento di forze, gli anni a seguire sancirono un successo strepitoso dell'opera. E non potevano non accorgersene lettori e critici che al contrario, avevano avuto una preparazione culturale “di destra” o “tradizionale”, non solo per l'immotivata aggressività del PCI, ma anche per i valori che venivano espressi, molto simili a quelli di altri saggisti storicamente di destra (Evola e Guènon su tutti). L'ambientazione, un mondo originato dai miti ed un sistema alternativi a quello dell'epoca, andava a cementarsi con i valori espressi, il senso del dovere da compiere in ogni modo, del cameratismo e dell'amicizia, dell'eroe inteso per quello che fa e non per quello che sembra, della lotta al Male, della simbologia e dei riferimenti a temi della cultura europea tradizionale e l'ecologia.

Negli anni '90, la Sinistra, preoccupata dal danno ottenuto anche nei suoi substrati (non pochi militanti avevano dovuto nascondere, ai propri Collettivi, di aver letto ed apprezzato il libro), ha tentato maldestramente di oscurare le critiche mosse all'epoca, analizzando la parte letteraria con minore ideologia, ma scadendo spesso in un' annessione che ci sembra quantomeno ridicola. 

Nel 1993, nel 20° anniversario della morte di Tolkien, nessuno parlò male delle sue opere, addirittura venne sottolineato l'impatto dei suoi racconti nella società. A nessuno però venne in mente di criticare l'ostracizzazione subita nel corso degli anni: un atteggiamento tipico di chi è convinto di avere l'impunità culturale senza fornire alcuna spiegazione.

Di una cosa però siamo certi: Tolkien e “Il Signore degli Anelli” continueranno ad entusiasmare generazioni di ragazzi, senza bisogno di alcuna  “riabilitazione” da parte di chi, accecato dall'odio ideologico, ne aveva fatto un nemico da distruggere.

Maurizio Guccini

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