lunedì 21 luglio 2008

L'anello di congiunzione fra la destra e Tolkien

Tantissimo si è discusso riguardo l'appropriazione, indebita secondo i soliti prodotti della subcultura di sinistra, della destra italiana riguardo l'opera di Tolkien.

Ancora oggi, a distanza di 35 anni dalla morte dello scrittore, c'è chi tenta, (vedasi “L'Anello che non tiene”) di nascondere l'astio nei confronti del Professore e de “Il Signore degli Anelli” per una scellerata visione ideologica della letteratura e dell'arte.

Andiamo a fare una breve analisi di quella che in definitiva è un'ottima cartina tornasole del rapporto tra opere e critica “militante” italiana.

Dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi la Cultura è stata fortemente influenzata dalla politica. Tutto ciò che non poteva essere classificato “di sinistra” poteva, anzi doveva, essere osteggiato, se non addirittura bandito e calunniato. Seppur oggi il tutto si sia finalmente molto annacquato, l'omertà di direttori editoriali, case editrici e giornalisti ha preservato in genere chi si rese responsabile di ciò da una pubblica ammenda.

Tolkien, nonostante l'immediato successo internazionale (nei campus americani si usava scrivere “Frodo Lives”) fu uno dei bersagli preferiti della Sinistra non solo a causa del particolare clima politico da “anni di piombo” creato ad arte, ma anche per diverse altre sfumature.

Innanzitutto venne tradotto, nel 1970, da Rusconi, editore considerato esponente di punta della “cultura della reazione”, sempre osteggiato dall'intellighenzia sinistroide, e fu curato da personaggi invisi alla stessa, tra i quali  alcuni transfughi che si dilettarono in interventi che definire provocatori è un eufemismo.

Soprattutto, il Signore degli Anelli è un'opera che per gusto, iconografia e visione del mondo, rappresentava un ritorno al medioevo, all'epoca “buia ed irrazionale”, sostanzialmente, secondo i “progressisti”, alla “cultura di destra”.

Va però specificata una cosa importante: gli scritti di Tolkien furono DA SUBITO condannati dalla Sinistra con svariate recensioni su riviste e settimanali, tanto che, per quanto se ne discuta ancora oggi, non vi fu inizialmente nessuna appropriazione o strumentalizzazione della destra, ma semmai un rifiuto immediato e cronico della controparte.

Nonostante tale dispiegamento di forze, gli anni a seguire sancirono un successo strepitoso dell'opera. E non potevano non accorgersene lettori e critici che al contrario, avevano avuto una preparazione culturale “di destra” o “tradizionale”, non solo per l'immotivata aggressività del PCI, ma anche per i valori che venivano espressi, molto simili a quelli di altri saggisti storicamente di destra (Evola e Guènon su tutti). L'ambientazione, un mondo originato dai miti ed un sistema alternativi a quello dell'epoca, andava a cementarsi con i valori espressi, il senso del dovere da compiere in ogni modo, del cameratismo e dell'amicizia, dell'eroe inteso per quello che fa e non per quello che sembra, della lotta al Male, della simbologia e dei riferimenti a temi della cultura europea tradizionale e l'ecologia.

Negli anni '90, la Sinistra, preoccupata dal danno ottenuto anche nei suoi substrati (non pochi militanti avevano dovuto nascondere, ai propri Collettivi, di aver letto ed apprezzato il libro), ha tentato maldestramente di oscurare le critiche mosse all'epoca, analizzando la parte letteraria con minore ideologia, ma scadendo spesso in un' annessione che ci sembra quantomeno ridicola. 

Nel 1993, nel 20° anniversario della morte di Tolkien, nessuno parlò male delle sue opere, addirittura venne sottolineato l'impatto dei suoi racconti nella società. A nessuno però venne in mente di criticare l'ostracizzazione subita nel corso degli anni: un atteggiamento tipico di chi è convinto di avere l'impunità culturale senza fornire alcuna spiegazione.

Di una cosa però siamo certi: Tolkien e “Il Signore degli Anelli” continueranno ad entusiasmare generazioni di ragazzi, senza bisogno di alcuna  “riabilitazione” da parte di chi, accecato dall'odio ideologico, ne aveva fatto un nemico da distruggere.

Maurizio Guccini

John Ronald Reuen Tolkien

Tolkien nasce in Sudafrica nel 1892, dove il padre viveva per lavoro. Pochi mesi dopo la nascita di John la madre decide di tornare in Inghilterra, dove il padre, purtroppo ammalatosi gravemente, non li raggiungerà mai.

L'infanzia fu molto difficile. Venne educato alla fede cattolica in un paese protestante e poco dopo perse anche la madre. Anni di collegi, allevato da Padre Francis, lo sprofondarono nella tristezza, ma allo steso tempo lo indirizzarono all'interesse per storie e fiabe.

Sembrerebbe facile attribuire il suo amore per le leggende alla voglia di fuggire alla solitudine. È più bello pensare invece che la TERRA DI MEZZO e tutte le sue storie lo abbiano salvato da un decadimento mentale che non lo colpirà mai.

Un senso del fantastico che anche tra le atrocità delle trincee della prima guerra mondiale gli consente di scrivere le prime storie e di elaborare addirittura la “lingua delle fate”, come scriverà ad Edith, sposata pochi mesi prima di partire.

Tornato a casa incolume, si laurea ed inizia ad insegnare.

Nel 1921 diventò docente di Lettere  all'università di Leeds e continuò a scrivere e a perfezionare i suoi "racconti perduti" e il suo linguaggio inventato. È di questi anni la sua profonda amicizia con C.S. Lewis, autore delle Cronache di Narnia; insieme fondarono il circolo degli Inklings, di cui fu membro anche Charles Williams.

Fu soprattutto tra il 1920 ed il 1930 che scrisse e fece correre la sua fervida immaginazione. I suoi lavori si distinguevano in due categorie: le storie inventate per i suoi figli e le leggende e le mitologie del suo mondo.

Nel 1937 pubblica “LO HOBBIT”. È l'inizio di un ciclo ed un filone che lo avrebbero reso celebre in tutto il mondo.

Sull'onda del successo e spinto dal suo editore, prende tutto il materiale che aveva prodotto (aveva già cominciato fin dal 1917 a "costruire" la Terra di Mezzo, ovvero il mondo incantato in cui si svolgono tutte le avventure descritte), pubblica La Compagnia dell'Anello (1954), Le Due Torri (1955) e Il Ritorno del Re (1955), che furono poi riuniti nel 1956 in un unico libro, IL SIGNORE DEGLI ANELLI, scritto in una lingua molto ricercata che cerca di ricostruire la semplicità e la severità dell'inglese medievale.

Seguono “Le Avventure di Tom Bombadil (1962) ed il Silmarillion, opera iniziata nel 1917.

Grande amante della natura, trascorse gli ultimi anni della sua vita (dopo il suo ritiro avvenuto il 1969) nella città costiera di Bournemouth dove morì il 2 settembre del 1973, un anno dopo la morte di Edith. Sono sepolti insieme nel cimitero di Wolwercote, nei sobborghi di Oxford. Come segno di attaccamento alla sua opera decise di fare scolpire sulla lapide della moglie il nome Luthien e sulla sua il nome Beren, protagonisti della romantica storia del Silmarillion.

Il figlio Christopher pubblicherà, postumi, alcuni suoi scritti come i “Racconti Perduti”, i “Racconti Ritrovati” e i “Racconti Incompiuti”.

Ultimo, uscito a fine 2007, è “I Figli di Hurin”.

Maurizio Guccini

L'università ha smesso di insegnare?

Le nostre università sono piene di studenti e giovani matricole che iniziano e vivono una tra le più entusiasmanti delle avventure. Tutto è programmato, tutto è già deciso e, ancora prima del primo esame, si calcola già l’ipotetico voto di laurea…ancora inconsapevoli di ciò che ci aspetterà. 

Generalmente si inizia dalla scelta della facoltà, che ovviamente, ci impone di pensare concretamente al nostro futuro. Ciò che diventeremo, ciò che costruiremo, come occuperemo il nostro piccolo spazio nella società, dipenderà da quale formazione otterremo. Giurisprudenza, medicina, psicologia, ingegneria, tutte possibilità che ci vengono offerte per delineare il nostro destino. Il secondo passo sta nella scelta dell’università in quanto istituzione che, fin dal XII secolo, ha formato le menti più grandi del paese. Ma lo studio che ci aspetta non è un solo immagazzinare nozioni al fine di accaparrarsi un voto, ma studiare all’università è concentrare tutte le risorse personali nel cogliere e assimilare dati, rapporti e tecniche che ci condurranno alla padronanza di problematiche di svariato tipo. Lo studio universitario è un lavoro intellettuale serio e produttivo che, in diverse situazioni, ci aiuta a vagliare le possibilità, a discutere di argomenti globali ed a non metterci nell’angolo. Ciò che maggiormente un’università del calibro della “La Sapienza” di Roma, ad esempio, dovrebbe offrire è soprattutto una chiara proposta culturale, un progetto istituzionale e strategico, un alto livello accademico, un convinto lavoro interdisciplinare, una spiccata capacità di ricerca, una attenta estensione sociale; dovrebbe offrire una competente riflessione sul piano filosofico, morale, pedagogico, teologico, giuridico, umanistico e comunicativo; attuare priorità chiare di orientamento e approfondire l’originalità del proprio carisma, della propria missione, essere sempre aperta a nuove sfide e prospettive. Ovviamente, mai o quasi mai, è quello che ci viene offerto. Infatti gli scandali, oramai, nelle nostre università romane, sono all’ordine del giorno. 

C’è da rimanerci schifati da tutto ciò che accade tra le file di un’aula magna. Bisogna anche dire che, non si rimane più scioccati se un professore si fa scortare fino alla cattedra, che per lui è un trono, da studentesse pronte a qualsiasi cosa pur di superare un esame; e perché no, quanti scandali di “bustarelle” coronano la fama di queste università, tanto prestigiose ma anche tanto false. Concorsi di ammissione truccati, studenti sempre più raccomandati, professori sempre più corrotti…ma il buon senso esiste ancora? Diciamo che ciò che realmente esiste è la figura del professore che, di fronte a te, si vanta di conoscere quelle quattro cose che, per nostra sfortuna, ne fanno la sua professione. Li vediamo li, così presi dalla loro vita e carriera che non si degnano neanche di presentarsi ad un appello e ovviamente, non avvertono neppure. Certamente, e per fortuna, non è sempre così, altrimenti come potremmo fidarci di quegli avvocati, di quei medici che si sono laureati grazie alle “bustarelle”? Il buon senso non regna nella grandezza di eventi che, ora come ora, hanno preso il sopravvento. Per questo bisognerebbe fargli capire che, l’essere uno studente universitario non è essere uno sfigato perché costretto a studiare per trovare uno schifo di lavoro; l’essere uno studente universitario rappresenta quel gruppo di persone che sono in grado di studiare per una vita un argomento senza mai stancarsi; sono quelle persone che non si intimoriscono davanti ad un libro, che sanno affrontare con più ragionevolezza le proprie esperienze perché anno studiato la storia di grandi personaggi vissuti prima di loro. Infine è importante capire che non lo si fa solo per il foglio di carta, che spesso può arrivare dopo molti, moltissimi anni, ma perché l’essere studente universitario è fondamentalmente uno stile di vita, un modo di essere differente dagli  altri, perché deve essere nel nostro spirito la voglia di vivere questa esperienza che segnerà a vita la nostra esistenza. Per mia fortuna, la mia personale esperienza universitaria, non rientra in quei scandali prima menzionati, ma c’è da renderci conto che sono migliaia gli studenti che ogni giorno fanno i conti con disonestà e tradimenti, falsità e corruzione e che di solito non hanno la possibilità di combattere. 

Simona Franchi

Quando il sociale diventa commerciale

L’avete mai visto un operaio girare in Mercedes? Io no, però ho visto gente che si definisce “operaia” farlo. Evidentemente c’è chi non si fa scrupoli a definirsi difensore dei più deboli dall’alto dei miliardi del papà, che si diverte a giocare a fare il rivoluzionario con gli amichetti e poi balzare in sella alla sua moto da 20.000 euro per andare a ballare nelle discoteche più in voga. Che per farsi bello con le amichette disquisisce dottamente di sollevazione delle masse, di apertura delle frontiere, di lotta alla borghesia; peccato che tutto questo stoni non poco col fatto che questa gente non abbia mai alzato un chiodo in vita sua. Bello fare il rivoluzionario dalle 9 alle 17, e poi di corsa in camera a sentire Jovanotti con l’ultimo mp3 e a vedere i documentari sul Terzo Mondo sul televisore al plasma da 50 pollici.

Sono gli stessi che rivendicano il diritto a “studiare con lentezza” (motto dei collettivi di Lettere della Sapienza), come se la laurea debba essere un diritto naturale, non un attestato di merito ma un qualcosa che bisogna dare a tutti,anche agli incapaci. Sono quelli che hanno imparato molto dal ‘68, e cioè che invece di studiare, di imparare e di impegnarsi, nella vita conviene cercare di alzare la voce, inventarsi proteste tutti i giorni, meglio se su cose che non si conoscono o di cui non interessa niente, perché così facendo riceveremo un bel posto sicuro, che ci verrà dato per farci smettere di sbraitare, anche se siamo dei perdenti ed ignoranti, almeno ci avranno trovato qualcosa da fare, e così si potrà smettere di parlare di cose di cui tanto poi, in fondo, non ci importava davvero un bel niente. E la meritocrazia dov’è in tutto ciò? Avete indovinato: non ce n’è nemmeno un po’.

E sono anche gli stessi che hanno impedito, in nome della libertà di pensiero, al Papa di esprimere il suo pensiero, a studenti e professori, il Papa che è il massimo esponente della religione largamente più diffusa in Italia, nonché illustre filosofo e teologo. E sono anche gli stessi che hanno sequestrato il preside di Lettere perché aveva autorizzato – che fascista!- un convegno sulle foibe, tragedia nazionale, dopo averne autorizzati, negli anni precedenti, decine e decine sulla Cuba di Castro e la Cina di Mao, due delle più tragiche tirannie che la storia umana ricordi, e che durano tutt’oggi.

Ma Cuba e la Cina vanno di moda fra le giovani “zecche”, come vanno di moda le magliette del Che, gli abiti da zingaro ma firmati dalle grandi griffe, i cappelli rasta pagati 100 euro dal parrucchiere. Va di moda far finta di difendere la classe operaia: peccato per loro che quella stessa classe operaia abbia capito la farsa, e che stavolta abbia votato per noi.

Mauro Fantera

Quando il mercato diventa totalitario

Cina, Cina, Cina. Ormai è un tormentone, ovunque ci voltiamo sentiamo parlare della Cina: la Cina che cresce, la Cina che si prepara alle Olimpiadi, la Cina che vince in tutti i campi. Ma non convince. Nemmeno un po’. Cerchiamo quindi di sollevare per quanto possibile il velo del mistero, leggiamo oltre le statistiche, le percentuali che tanto piacciono agli economisti, vediamo dentro al “miracolo cinese”. Non troveremo niente di bello, ve lo assicuriamo. 

Perché dentro a quelle fabbriche, che sfornano giornalmente milioni di magliette, scarpe, automobili e pupazzetti dei pokemon, le leve dell’economia sono azionate dai nuovi schiavi del XXI secolo; una marea informe, che riempie e svuota strade, palazzi, campi paludosi e soprattutto fabbriche, tante fabbriche. Quelle stesse fabbriche e quegli stessi campi visti come un totem alla virtù, all’instancabile forza proletaria e contadina, da quel regime comunista e maoista che per più di mezzo secolo ha sbandierato al mondo l’illusione della sua “rivoluzione culturale” (quella stessa illusione dietro cui s’accalcavano e s’accalcano tutt’ora i “profeti del proletariato” nostrani), quella stessa rivoluzione culturale sotto il cui vessillo venivano sterminati i monaci tibetani, venivano strappati i terreni a chi li aveva curati per secoli, venivano requisiti i beni ai cittadini per permettere agli oligarchi del partito di vivere in dorate roccaforti “popolari”. Quelle stesse fabbriche, quegli stessi campi, sono oggi le basi dell’ascesa mondiale della nuova Cina, dei suoi manager in doppiopetto che parlano inglese e francese, che lavorano al 40esimo piano del grattacielo più alto della città, che hanno 4 cellulari e 2 portatili. Sembrerebbe cambiata, la Cina, sembrerebbe che l’apertura al libero mercato, al capitalismo gli abbia fatto bene, l’abbia fatta crescere, abbia strappato all’oblio della storia il Paese più popoloso del mondo, col suo miliardo e 400 milioni di abitanti. Sembrerebbe. Ma non è così. Perché sotto quella patina dorata, quell’apparenza da El Dorado la cara vecchia Cina comunista rimane la stessa i cui carri armati schiacciavano sotto i cingoli gli studenti ribelli a piazza Tienanmen: un enorme Saturno che mangia i propri figli, e i figli di chi le si oppone. Quelle stesse fabbriche, quegli stessi campi, che erano falsamente esaltati e in realtà mortalmente stritolati dal regime di Mao, sono oggi falsamente esaltati e in realtà mortalmente stritolati dal nuovo-vecchio regime di Pechino, capitalista in economia, comunista nei diritti civili. Il totalitarismo del denaro, dell’utile, della produzione ad ogni costo, fino alla distruzione fisica di chi regge sulle spalle il baraccone: i lavoratori di quelle stesse fabbriche, di quegli stessi campi. Capitalismo e mancanza di diritti civili e sindacali vanno a braccetto nella Cina odierna: giornate lavorative di 16-18 ore, salari minimi, nessuna garanzia contro licenziamenti, infortuni, gravidanze, ecc… Nessuna tutela dell’ambiente, nessuna titubanza dinnanzi a genocidi di specie animali. Nessuna libertà d’espressione, di dissenso, nessuna possibilità di comunicare con l’esterno senza il filtro delle autorità (chi ci prova, magari tramite Internet, viene denunciato dagli stessi motori di ricerca della rete, che a costo di essere esclusi dal grande mercato cinese indicano alle autorità l’ubicazione dei creatori di siti “anti-governativi”,come nel celebre caso del motore Yahoo!). Forte di una tale disparità sui costi di produzione di ogni singolo bene, la Cina si presenta al mondo in modo arrogante, subissando i mercati dell’Occidente con prodotti a prezzo irrisorio, di scarsa qualità, importati clandestinamente saltando così la trafila (e gli aumenti di prezzo) delle catene di distribuzione, venduti illegalmente su banchetti anonimi. La mano del colosso asiatico, tinta del rosso del sangue dei suoi stessi cittadini che muoiono nelle fabbriche, nei campi, nelle prigioni e nelle strade, appare generosa a chi non si fa troppe domande davanti al banchetto del clandestino che vende le stesse scarpe del negozio a un quarto del prezzo: costa meno, tanto basta. Chi se ne frega se si danneggia l’economia nazionale, se si mandano in malora le nostre fabbriche, se le persone che hanno fatto quel prodotto ora sono in galera o magari sono morte di stenti. Abbiamo risparmiato i soldi per una serata in pizzeria, o magari in discoteca. E a niente serve che l’Europa tenti di fermare il fenomeno con norme che tutelino gli interessi nazionali dei propri Stati membri: si viene tacciati di protezionismo da quegli stessi cinesi che poi però non ammettono ingerenze nei loro confronti, che ritengono la violazione dei diritti umani in Tibet “affare loro”, che ritengono giusto decimare un popolo solo perché vorrebbe –che pazzi!- avere un governo che li rappresenti. Che rappresenti la loro fede in qualcosa che non è solo il denaro e la produzione, ma qualcosa che non si può toccare, si può solo sentire, la loro fede nello spirito. Questo la Cina liberal-comunista non lo può tollerare. Ma pretende che siano tollerati i suoi prodotti lordi di sangue nel nome del “libero mercato”. L’unica espressione in Cina in cui la parola “libero” è tollerata.

Mauro Fantera

Giovanni Paolo II: l'uomo che ha salvato l'Europa dagli europei

La vita oltre la vita. La vita prima della vita. La vita di cui Karol Wojtyla è stato innamorato ogni secondo. Anche in quell'ultimo, interminabile, istante. Quando la voce non gli usciva più, eppure lui l' ha trovata per ringraziare i giovani che pregavano per lui. Quando a noi non sembrava possibile. Eppure la vita, fino all'ultimo respiro. Non c' è altra parola che quella " vita " per capire il Pontificato di Giovanni Paolo ΙΙ. Il dono della sua vita, il sacrificio della sua vita, contro ogni sofferenza. La vita esposta ai proiettili di Ali Agca. La vita prestata alla sofferenza della malattia. Eppure più forte del male. Il mistero della vita che supera e sconfigge la morte. L'origine e il destino della vita che non è nelle mani dell'uomo.

Di questo papa che se ne è andato è stato detto tutto e il contrario di tutto. Una sola cosa non è stata ancora detta. O non è stata detta con la necessaria energia. Karol Wojtyla è stato un grande Europeo. Forse il più grande Europeo del suo tempo. Il solo comunque all'altezza del destino dell' Europa e della sua missione storica - o meglio, di quella che dovrebbe essere la sua missione storica. Paradossale, tragica funzione la sua, visto che gli è toccato di rendere onore allo spirito d' Europa in tempi in cui l' Europa, di questo spirito, sembrava impaziente di disfarsi. Per cogliere meglio il senso di questa abissale divaricazione fra la lezione di un Papa profondamente europeo e i balbettamenti di un Europa inconsapevolmente antieuropea basta pensare, da un lato, al potente contributo che egli diede alla dissoluzione del miraggio comunista, che fu e certamente rimane, il più micidiale prodotto di un' Europa nemica di se stessa, desiderosa di annientarsi in qualche funesta chimera, e dall'altro, a quella farsa che è stata il tentativo dei costituenti europei di varare una Costituzione priva non solo di ogni riferimento alle radici cristiane della nostra civiltà, ma addirittura di ogni richiamo ad una dimensione che si situi al di là dell' Uomo. Quale futuro si annuncia per l' Europa in questa sua nuova "religio"? Un futuro non molto diverso dal suo più recente passato, giacché la fede che dovrebbe essere racchiusa nella sua Costituzione è la stessa che la affascina da due secoli. Essa è fondata su tre idolatrie: l' idolatria dell'Uomo, che non è mai cosi poco umano come quando si pensa indipendente da qualcosa di superiore; l' idolatria della ragione, che non è mai cosi irrazionale come quando, pensandosi fondata su se stessa, si ostina ad ignorare i suoi limiti; l'idolatria della libertà, che non è mai cosi esposta al rischio di convertirsi nel suo contrario come quando si pone al di sopra di tutto in nome di un culto dei "diritti" che tende a misconoscere la sfera dei "doveri". La grandezza europea di questo papa che se n' è andato è racchiusa dunque in questo paradosso: proprio lui, uomo di fede e di Chiesa, e capo di una Chiesa che ancora oggi desta la diffidenza, il sarcasmo e talvolta il disprezzo di tutte le sinistre ateiste europee, è stato il solo Europeo che sia riuscito ad onorare l' Europa, la vera Europa, lottando sempre strenuamente contro tutte le sue superstizioni. Buona nuova vita Karol. 

Vittorio Moriconi

venerdì 18 luglio 2008

Maurizio Guccini eletto nuovo Presidente Provinciale di Azione Giovani

Sabato 7 Giugno si è svolto il IV congresso della Federazione dei circoli di Azione Giovani della provincia di Roma. In un clima di serenità e goliardia si è scelto all’unanimità Maurizio Guccini come Presidente, che succede a Francesco Lollobrigida, Francesco Petrocchi e Francesco Bucciarelli. “È un onore che neanche pensavo di poter ricevere quando ho iniziato il mio cammino in Azione Giovani – dichiara GUCCINI – un cammino ancora lungo che ci vedrà protagonisti fin da subito della scena politica e giovanile, affermando come sempre i nostri valori, segnati dalla difesa delle identità culturali e civili, dal riconoscimento della sacralità e centralità della persona, dal sostegno ad una economia equilibrata al servizio dell'uomo, dalla prospettiva di uno sviluppo che non azzeri le tradizioni ”. Maurizio Guccini si iscrive al movimento giovanile studentesco nel 1994, quando ancora AG si chiamava Fronte della Gioventù. “È proprio di chi interpreta la politica come visione del mondo e volontà di affermazione della stessa, essere tormentati da un eterno senso di insoddisfazione che spinge ad obiettivi ulteriori senza avere neanche un minuto per la gioia di un traguardo raggiunto – continua GUCCINI – per questo saremo da subito al lavoro, animati da “un vigoroso spirito di conquista”, con un'organizzazione che dovrà tener conto delle diversità e delle esigenze di chi fa politica in 120 comuni diversi, che vanno dal mare alla montagna, dalle località turistiche che vedono centinaia di migliaia di turisti l'anno, a quelle di poche centinaia di abitanti”. Oltre all’elezione di Maurizio, il nostro territorio esprime anche 3 dirigenti provinciali: Marco Piergotti, Simona Franchi e Mauro Fantera. Proprio Simona lo ricorda nelle sue dichiarazioni: “grazie a questo Congresso non abbiamo solo conquistato la presidenza come gruppo ma soprattutto la concreta possibilità di far valere la nostra opinione e rendere evidente il grande impegno che, da oramai molti anni, si svolge sul territorio di Mentana e Fontenuova. Naturalmente la vittoria è sicuramente in prima persona di Maurizio, grazie al suo lavoro e al suo impegno costante sul territorio, ma anche dei militanti, dei sostenitori e degli amici che credono nelle sue idee e potenzialità politiche. L’elezione di Maurizio Guccini a presidente di Azione Giovani della provincia di Roma - ha proseguito Simona - ha portato e continuerà a farlo lungo tutto il suo mandato onore, vittoria e soddisfazione per un lavoro che dura da molti anni”. Già l’impegno sul territorio, nel 2003 fonda il Circolo di AG di Fonte Nuova, del quale rimane Presidente fino al 2006, nel 2005 viene nominato Dirigente Provinciale, nel 2006 viene nominato Vicepresidente Provinciale, a testimoniare un lavoro che lo ha portato a ricoprire ruoli importanti nella politica giovanile territoriale. “Sono davvero contento per l'elezione di Maurizio come Presidente - ha dichiarato Mauro Fantera - perchè è una persona che conosco molto bene e so quanto egli abbia fatto in questi anni per la nostra causa, quanto si sia speso senza lesinare energie, impegnandosi attivamente in tutti i lavori e le iniziative di Azione Giovani, dai più umili ai più altisonanti. Lavorando sul territorio, a contatto con la gente, con i militanti, senza mai un briciolo di superbia. Credo che la sua presidenza coinciderà con un rilancio di Azione Giovani in tutta la provincia, sono sicuro che lascierà il segno”. Ha poi aggiunto “Mauretto” (così lo chiamano i suoi amici e camerati), analizzando quale sarà la sua figura all’interno del Direttivo Provinciale “Dal canto mio sicuramente dedicherò tutto l'impegno possibile per coadiuvarlo e per essere presente e disponibile per tutti i ragazzi di AG della provincia, e non solo per quelli del mio comune di apparteneza: per noi non conterà solo la presenza alle riunioni, ma soprattutto quella sul campo, l'incentivo alle iniziative, e la sinergia fra tutti i circoli provinciali.” Infine la parola passa a Marco Piergotti, consigliere comunale di Mentana nonchè presidente del circolo di AG, “Nessun ruolo fu mai così meritato, mi viene da pensare quando penso allo straordinario risultato raggiunto da Maurizio. Dopo qualche tempo di stand-by, finalmente la federazione provinciale di AG inizia a ritrovare quell’armonia e quell’enfasi che ormai mancavano da troppo tempo. Anche noi ragazzi, purtroppo, nello scorso governo di centro-destra, abbiamo subito e siamo stati partecipi di uno spietato correntistmo che ha rischiato di far implodere l’intera AN. Gioisco, oggi, se penso che il mio più stretto collaboratore politico è riuscito ad essere il leader unico del nostro movimento giovanile in Provincia di Roma.” Ha poi aggiunto, facendo un’analisi della composizione dell’esecutivo provinciale, “inoltre devo assolutamente elogiare la scelta delle persone che ha voluto con lui nel direttivo, per questo cammino che lo vedrà protagonista, la meritocrazia è stata la parola d’ordine. Concludo facendo i miei migliori auguri ad un camerata DOC, ma soprattutto, ad un amico”. A noi della redazione de L’ARIETE non resta che fare i complimenti a Maurizio, augurandogli buon lavoro e buona fortuna per questa nuova avventura.
Filippo Antonuccio

lunedì 7 luglio 2008

Sport, amicizia, valori e tanta Goliardia

Estratto giornalistico da "La Gazzetta dello Sport di AgCave" Una sfida "senza esclusione di colpi" tra AgCave e AgProvincia di Roma. L'equilibrio tra le due squadre viene rotto al 24' del primo tempo con una bella punizione di Patrizio di AgCave che batte il portiere con un tiro sul secondo palo. AgProvincia reagisce e riparte all'attacco con una serie di azioni che però non arrivano ad impensierire troppo il Sindaco Umbertini, schierato in porta da AgCave. Quando sembra che si possa arrivare al pareggio un'azione di contropiede porta Elton di AgCave a realizzare il 2 a 0. Nel secondo tempo un "memorabile" rigore del presidente di AgCave Gianluca porta il risultato sul 3 a 0. La reazione di AgProvincia di Roma stavolta è più incisiva e gli ospiti riescono con una bella azione ad accorciare le distanze realizzando il 3 a 1. La fatica comincia a farsi sentire in campo e le squadre rallentano il ritmo (mai troppo alto a dire il vero). Due tiri da fuori area di Alessio e di Luigi di AgCave portano il risultato al definitivo 5 a 1 per i padroni di casa. Per dovere di cronaca è necessario sottolineare che il presidente federale Guccini, causa inconvenienti dell'ultimo minuto, ha potuto schierarsi tra i pali soltanto negli ultimi 10 minuti dell'incontro... ma comunque in tempo per prendere gol! :-) in alto i cuori... aspettando la rivincita
...ora la versione del "Corriere dello Sport della Federazione di Ag della Provincia di Roma" Una partita senza storia, finita 0-7 per la Selecao della Provincia di Roma. Grazie alle miriadi di palloni giocati dai rappresentanti di tutta la provincia (Fonte Nuova, Mentana, Tivoli, Ardea, Monteporzio, Guidonia, Montelanico, ecc...), AgCave è rimasta costantemente schiacciata nella propria area di rigore, difendendo in 11 sulla linea di porta fino all'inverosimile. Preoccupante la prestazione del capitano di Cave, il presidente Gianluca Chialastri, che dopo essersi procurato un rigore "tuffandosi" letteralmente in area a seguito di un intervento da dietro PULITISSIMO di Davidino da Mentana (l'arbitro Eugenio De Santis, neo presidente di AgGuidonia, pagherà con il commissariamento...), scivolava sul dischetto del rigore provocando l'ilarità del pubblico. Pregevole invece la prestazione dell' On. Francesco Petrocchi, neo Vicepresidente del Consiglio Provinciale, che con una mozione protocollata due ore prima otteneva ben due goal e grazie ad un'interrogazione urgente ne faceva annullare uno a Cave. Straordinaria la tattica utilizzata dal centrale Filippo Antonuccio di FonteNuova che, con il riflesso dei suoi RayBan, ubriacava tutto il centrocampo avversario. AgCave tentava un disperato assalto finale, che veniva vanificato dall'entrata in campo di Maurizio Benji Price Guccini, Presidente Provinciale di AG e rinomato portiere di calcio, il quale, dopo aver recuperato Serena di Ardea (ma non la sua automobile, deceduta in quel di Valmontone... la presidentessa ha addotto come scusa l'attacco da parte di soverchianti forze nemiche demoplutocratiche... il Financial Times riferisce indiscrezioni secondo cui si sia trattato in realtà di pompa della benzina in fase asmatica), sventava i ripetuti attacchi della formazione di casa senza concedere alcuno svarione. Le notizie riportate da AgCave che parlano di un fantomatico goal subito nei minuti di recupero a seguito della sua entrata sono chiaramente FALSE e TENDENZIOSE, atte a creare un clima di instabilità politica serpeggiante e dannoso non solo per le istituzioni, ma anche per la popolazione della provincia e per la comunità tutta.
In Alto i Cuori, aspettando la rivincita... ;-) Le due squadre, entrambe alla fine vittoriose, a fine partita si sono ritrovate all'inaugurazione della nuova sede di AZIONE GIOVANI CAVE, alla presenza del Sindaco Umbertini, dell'On.Francesco Lollobrigida e del Ministro della Gioventù GIORGIA MELONI.
UN GROSSO RINGRAZIAMENTO A TUTTI I PARTECIPANTI
Maurizio Guccini